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9 aprile 2025
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Autore: Consulenza Buffetti 26 maggio 2021
di: Aglietta Paola L'articolo 121 del DL 34/2020 (“Rilancio”) stabilisce che i soggetti che sostengono, negli anni 2020 e 2021 , spese per interventi di riqualificazione energetica degli edifici e per taluni interventi di recupero del patrimonio edilizio (compresi quelli antisismici), ivi inclusi quelli che accedono al Superbonus, possono optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione: - per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dal fornitore che ha effettuato gli interventi e da quest'ultimo recuperato sotto forma di credito d'imposta, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, ivi inclusi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari (cd. sconto in fattura); - per la cessione di un credito d'imposta di importo corrispondente alla detrazione ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari con facoltà di successiva cessione. Rispetto al passato, la disposizione normativa contenuta nell’articolo 121 consente espressamente la cessione del credito d'imposta (corrispondente alla detrazione spettante) nei confronti « di altri soggetti », ivi inclusi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari « senza che sia necessario verificare il collegamento con il rapporto che ha dato origine alla detrazione » (cfr. Circolare Agenzia delle Entrate n. 30/2020, paragrafo 5.1.3). Con la risposta n. 369 del 24.5.2021 , l’Agenzia delle Entrate ha inoltre chiarito che, per quanto attiene il trattamento ai fini dell'IVA, la cessione dei crediti in denaro può dar luogo ad operazioni di natura finanziaria, rientranti nel campo di applicazione dell'IVA tra le operazioni esenti di cui all'articolo10, primo comma, n. 1) del DPR n. 633 del 1972 o ad operazioni di natura non finanziaria, escluse dal campo applicativo dell'IVA ai sensi dell'articolo 2, terzo comma, lettera a) del predetto decreto. In linea generale, quando l'operazione di cessione del credito abbia finalità di finanziamento, l'operazione rientra tra quelle esenti da IVA ai sensi dell'articolo 10, primo comma, n. 1, DPR 633/1972 (cfr. risoluzione n. 139/E del 17 novembre 2004 e n. 32 dell'11 marzo 2011): in dettaglio, secondo l’Agenzia delle Entrate, la cessione dei crediti d'imposta di cui all'art. 14 del DL 63/2013 (c.d. "Ecobonus") e di cui all'art. 16 del DL 63/2013 (c.d."Sismabonus"), se effettuata tra le parti dietro corrispettivo, ha finalità e natura finanziaria , rientrando, agli effetti dell'IVA, tra le operazioni esenti, ai sensi dell'art. 10, primo comma, n.1) del DPR 633/1972. Tali cessioni dei crediti, inoltre, non sono soggette ad alcun obbligo di certificazione , tenendo conto dell’articolo 22, comma 1, n.6 DPR 633/1972, dell’articolo 2, c. 1, lett. n) DPR 696/1996 e dell’art. 1, c.1 lett. a) DM 10.5.2019. Il cessionario ha comunque la facoltà di fatturare , anche a richiesta della controparte, l' operazione in esenzione ai sensi dell'art.10 , primo comma, n. 1) del DPR 633/1972, indicando nella stessa l'ammontare del corrispettivo pattuito nell'accordo contrattuale per la cessione. Infine, ai fini dell'imposta di registro, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che, trattandosi di cessione di un credito di imposta, essa è riconducibile alla disciplina recata per gli atti per i quali non sussiste l'obbligo di chiedere la registrazione, in base all'articolo 5 della Tabella allegata al TUR, relativa ad "atti e documenti formati per l'applicazione, riduzione, liquidazione, riscossione, rateazione e rimborso delle imposte e tasse da chiunque dovute". FONTE: Consulenza Buffetti
Autore: Il Sole 24 Ore 26 maggio 2021
Tra gli emendamenti al Decreto sostegni c’è la proroga a tutto il 2021 dell’aumento a 516,46 euro destinati ai cosiddetti «fringe benefits», lo strumento che consente ai datori di lavoro di cedere ai propri dipendenti un importo da spendere in beni e servizi Dal Decreto sostegni approvato la scorsa settimana potrebbe arrivare una spinta alla ripresa dei produttori di mobili per ufficio, uno dei settori più colpiti all’interno della filiera del legno-arredo, a causa non solo della crisi innescata dalla pandemia, ma soprattutto dall’ampio ricorso allo smartworking da parte delle aziende in tutto il mondo, che ha frenato gli investimenti nel mondo degli uffici. Tra gli emendamenti approvati dal Parlamento c’è infatti la proroga a tutto il 2021 dell’aumento a 516,46 euro destinati ai cosiddetti «fringe benefits», ovvero lo strumento di welfare aziendale che consente ai datori di lavoro di cedere ai propri lavoratori un importo da spendere in beni e servizi. Il raddoppio del plafond (da 258,23 a 516,43 euro) introdotto dal Decreto agosto è una leva importante per spingere i consumi in un momento di crisi, e potrebbe rivelarsi fondamentale per il mondo dell’arredo da ufficio, perché tra i beni acquistabili, tramite le apposite piattaforme, sono compresi anche sedute ergonomiche, scrivanie e prodotti di illuminazione specifici per lavorare in modo adeguato (in termini di salute e sicurezza) anche da casa. Bonus raddoppiato «Questa misura esisteva già, ma erano in pochi a conoscerla, soprattutto tra le aziende più piccole – osserva il presidente di Assufficio, Gianfranco Marinelli –. Inoltre, il precedente plafond era insufficiente per allestire in casa una postazione di lavoro consona ai criteri di ergonomia e salubrità». Il raddoppio della cifra a disposizione (sebbene inferiore ai 1.000 euro richiesti da FederlegnoArredo) dovrebbe favorire l’inserimento nel “paniere” dei beni acquistati anche gli strumenti necessari a svolgere correttamente il lavoro da remoto. «L’entità dell’importo non consentirà grandi spese, ma è sufficiente all’acquisto di una seduta ergonomica, l’elemento più importante per chi lavora da casa, assieme a una piccola scrivania regolabile in altezza», precisa Marinelli». Ora si tratta però di far conoscere meglio questa possibilità che, da agosto a oggi, è stata poco sfruttata per i mobili: il bonus è stato infatti speso soprattutto per prodotti tecnologici per la didattica a distanza, dispositivi di protezione individuale e prodotti per l’igiene e la pulizia. Le aziende si organizzano Le aziende produttrici di arredi e sistemi per ufficio si stanno attrezzando in questo senso: «Stiamo sensibilizzando i nostri associati, perché si adoperino a individuare prodotti che possano essere oggetto di spesa per i dipendenti, oppure a creare dei prodotti ad hoc – spiega il presidente di Assufficio –. Penso in particolare a sedute e scrivanie adatte a entrare in appartamenti che, in media, non sono molto grandi, perciò dovranno essere di dimensioni ridotte, al massimo 70-75 centimetri per 55-60 e possibilmente elevabili in altezza». Si tratterà di avviare una importante campagna di comunicazione e informazione relativa a questa norma, sia tra i datori di lavoro, sia tra i dipendenti. L’auspicio è che la norma, ma anche l’aumento del plafond, vengano estesi anche nel 2022. Il vantaggio per le imprese e i lavoratori è evidente. Ma anche per lo Stato: un recente studio Ambrosetti stima che, mantenendo la soglia di esenzione a 516 euro, si metterebbe in moto, potenzialmente, 1,6 miliardi di euro di consumi nel Paese, con un incremento complessivo di 794 milioni di euro (251,5 euro pro-capite). Se il plafond venisse innalzato a 1.000 euro, i consumi raggiungerebbero la cifra di 1,88 miliardi (337,2 euro pro-capite). Ovviamente, la stima è sulla spesa complessiva, non solo per quella potenzialmente indirizzata a postazioni per lo smartworking. Come ottenere il bonus Questo tipo di benefit, come detto, esiste da tempo e dallo scorso agosto ne è stato aumentato il plafond. Eppure, a oggi pochissime aziende hanno utilizzato questa possibilità, per questioni soprattutto di scarsa informazione, come spiegano dall’ufficio tecnico di FederlegnoArredo. Dall’altra parte, poche aziende produttrici si sono attrezzate per stringere convenzioni con le piattaforme di welfare in modo da inserirvi i propri prodotti. Ora che il bonus è stato prorogato, ed è stata prorogato anche l’aumento del plafond, c’è il tempo per organizzarsi: i dipendenti interessati devono rivolgersi alle proprie aziende perché, a loro volta, concordino con le società di welfare aziendale l’inserimento di arredi ergonomici nel ventaglio di possibili utilizzi dei fringe benefits. Un ottimo segnale Ma per i produttori di arredi per l’ufficio (oltre 300 aziende in Italia e 6mila dipendenti) è un ottimo segnale: «Siamo convinti che sarà d’aiuto – conferma Marinelli –. Il nostro settore è uscito un po’ malconcio dal 2020, a differenza di altri comparti del legno-arredo, che hanno invece contenuto le perdite e quest’anno registrano segnali di ripresa». L’anno scorso il settore ufficio ha chiuso con un fatturato in calo del 20%, poco sopra il miliardo di euro, con un calo superiore sul mercato interno (-22,2%) rispetto a quelli esteri (-17,5%), che incidono per il 47% sui ricavi complessivi. «Nel 2021 non ci aspettiamo ancora un recupero, ma speriamo almeno che la situazione si stabilizzi – aggiunge il presidente –. Il futuro degli uffici è molto incerto. Tuttavia, anche se diminuiranno gli spazi destinati alle sedi delle aziende, credo che questo calo potrà essere compensato da nuovi fenomeni, come appunto quello dello smartworking, e anche del coworking. Il mondo del lavoro è cambiato ed è chiaro che anche quello delle attrezzature per il lavoro debba cambiare». Fonte: Il Sole 24 Ore
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Autore: Consulenza Buffetti 26 maggio 2021
di: Aglietta Paola L'articolo 121 del DL 34/2020 (“Rilancio”) stabilisce che i soggetti che sostengono, negli anni 2020 e 2021 , spese per interventi di riqualificazione energetica degli edifici e per taluni interventi di recupero del patrimonio edilizio (compresi quelli antisismici), ivi inclusi quelli che accedono al Superbonus, possono optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione: - per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dal fornitore che ha effettuato gli interventi e da quest'ultimo recuperato sotto forma di credito d'imposta, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, ivi inclusi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari (cd. sconto in fattura); - per la cessione di un credito d'imposta di importo corrispondente alla detrazione ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari con facoltà di successiva cessione. Rispetto al passato, la disposizione normativa contenuta nell’articolo 121 consente espressamente la cessione del credito d'imposta (corrispondente alla detrazione spettante) nei confronti « di altri soggetti », ivi inclusi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari « senza che sia necessario verificare il collegamento con il rapporto che ha dato origine alla detrazione » (cfr. Circolare Agenzia delle Entrate n. 30/2020, paragrafo 5.1.3). Con la risposta n. 369 del 24.5.2021 , l’Agenzia delle Entrate ha inoltre chiarito che, per quanto attiene il trattamento ai fini dell'IVA, la cessione dei crediti in denaro può dar luogo ad operazioni di natura finanziaria, rientranti nel campo di applicazione dell'IVA tra le operazioni esenti di cui all'articolo10, primo comma, n. 1) del DPR n. 633 del 1972 o ad operazioni di natura non finanziaria, escluse dal campo applicativo dell'IVA ai sensi dell'articolo 2, terzo comma, lettera a) del predetto decreto. In linea generale, quando l'operazione di cessione del credito abbia finalità di finanziamento, l'operazione rientra tra quelle esenti da IVA ai sensi dell'articolo 10, primo comma, n. 1, DPR 633/1972 (cfr. risoluzione n. 139/E del 17 novembre 2004 e n. 32 dell'11 marzo 2011): in dettaglio, secondo l’Agenzia delle Entrate, la cessione dei crediti d'imposta di cui all'art. 14 del DL 63/2013 (c.d. "Ecobonus") e di cui all'art. 16 del DL 63/2013 (c.d."Sismabonus"), se effettuata tra le parti dietro corrispettivo, ha finalità e natura finanziaria , rientrando, agli effetti dell'IVA, tra le operazioni esenti, ai sensi dell'art. 10, primo comma, n.1) del DPR 633/1972. Tali cessioni dei crediti, inoltre, non sono soggette ad alcun obbligo di certificazione , tenendo conto dell’articolo 22, comma 1, n.6 DPR 633/1972, dell’articolo 2, c. 1, lett. n) DPR 696/1996 e dell’art. 1, c.1 lett. a) DM 10.5.2019. Il cessionario ha comunque la facoltà di fatturare , anche a richiesta della controparte, l' operazione in esenzione ai sensi dell'art.10 , primo comma, n. 1) del DPR 633/1972, indicando nella stessa l'ammontare del corrispettivo pattuito nell'accordo contrattuale per la cessione. Infine, ai fini dell'imposta di registro, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che, trattandosi di cessione di un credito di imposta, essa è riconducibile alla disciplina recata per gli atti per i quali non sussiste l'obbligo di chiedere la registrazione, in base all'articolo 5 della Tabella allegata al TUR, relativa ad "atti e documenti formati per l'applicazione, riduzione, liquidazione, riscossione, rateazione e rimborso delle imposte e tasse da chiunque dovute". FONTE: Consulenza Buffetti